#ThatNotSoShortReview: Oltre le Fiamme, Filippo Rubulotta

{:it} 3/5

Care lettrici e cari lettori,

Il libro di cui voglio parlarvi oggi, “Oltre le fiamme”, di Filippo Rubulotta, è un fantasy storico YA, ambientato in una Londra di fine Ottocento che promette azione e mistero. Primo di una serie di avventure autoconclusive—ci sarà un appunto in merito verso la fine di questa recensione—esce oggi, 31 luglio, su Amazon, in cartaceo ed ebook (lo trovate qui).

Sapete come impazzisco all’accoppiata fantasy storico + Londra Vittoriana, no? Insomma, per me è l’ambientazione perfetta, perché è già di per sé un periodo misterioso che ben si sposa con la magia. Va da sé che quando sono stata contattata da Giada Abbiati, che mi ha proposto questa collaborazione, sono saltata subito sul treno del CHEBELLOSÌGRAZIEGRAZIEGRAZIE! Ammetto di leggere poco fantasy nostrano, è un mio limite a cui sto cercando di rimediare, ma sono più che felice di aiutare autorə italianə, specialmente se emergenti e gentili come Filippo. E poi ha una copertina meravigliosa, potevo davvero dire di no? Pffff. Sono così debole da fare vergogna. 

Detto questo, si tratta di un romanzo d’esordio e, come tale, ha le sue comprensibili fragilità di cui ho già parlato in privato con l’autore. Questo non vuol dire che non valga la pena leggerlo o che non abbia punti di forza, anzi. Quelle che seguono sono critiche costruttive che non hanno in nessun modo l’intenzione di offendere né lui né il suo lavoro. Del resto, come ho già avuto modo di dirgli, non sono esperta in materia, né ho la pretesa di esserlo (sarò esordiente anche io, un giorno spero non molto lontano, e farò un CASINO di errori), ma sono un’avida lettrice e alleata in questa meravigliosa avventura che è la scrittura, quindi spero che questa recensione possa essergli in qualche modo d’aiuto.

Dalla trama ufficiale:

Londra, 1890. 
Un muro di fuoco illumina la notte della capitale britannica. 
Vic, insieme ai suoi segreti, è in fuga da misteriosi inseguitori dotati di oscuri poteri. Solo la luce delle fiamme e un foglio sgualcito sembrano potergli indicare la via della salvezza. 
Nick, giovane cadetto, si appresta a passare l’ennesimo Natale alla St. John, dove stringe un solido legame con Ben, uno dei pochi compagni rimasti con lui in accademia. L’amicizia, tra dormitori e baruffe, è il collante che li spinge a superare traumi e mancanze. 
Ma quando le loro strade si incroceranno con quella di Vic, dovranno misurarsi con delle scelte che si riveleranno più rischiose di quanto avrebbero mai potuto immaginare. 
Neanche la vita sicura in accademia è esente dalle minacce che tallonano Vic e solo una collaborazione affiatata può salvarli da conseguenze pronte a minacciare le loro giovani vite. 

Oltre le fiamme è un romanzo che si legge in pochi giorni: è davvero breve per essere un fantasy (appena 192 pagine) e purtroppo la narrazione, i personaggi e anche il worldbuilding ne hanno subito le conseguenze. La prima metà è molto lenta e succede poco e niente (a parte l’introduzione dei protagonisti, alcuni avvenimenti di bullismo e la visita al Circo Cooper) e prende una piega interessante solo verso il 40%, quando i tre protagonisti finalmente si incontrano e a qualche domanda viene data risposta. L’ultima parte, al contrario, l’ho trovata frettolosa e più incentrata sulla battaglia che sulle spiegazioni finali. Diciamo che un centinaio di pagine in più avrebbero permesso una narrazione più completa e meglio ritmata—e, soprattutto, chiudere molti aspetti che rimangono senza una spiegazione, ma di questo parlerò più avanti.

Iniziamo dall’ambientazione, che è il motivo principale per cui ho accettato la collaborazione. Come ho già avuto modo di dire in qualche recensione passata, da uno storico mi aspetto coerenza con il periodo, anche se si tratta di un fantasy, e questo aspetto non mi ha affatto delusa. Anche se purtroppo c’è poca Londra e molta Accademia, ci sono parecchi riferimenti a modi di vivere, oggettistica e hobby del tempo che ho davvero apprezzato, segno evidente che l’autore è ben informato sull’epoca. Le descrizioni sono spesso essenziali e senza fronzoli, anche se si soffermano su dettagli che potrebbero essere ininfluenti, e c’è poco show e molto tell, entrambe cose che personalmente non adoro; aiutano, però, il lettore a farsi un’idea del periodo storico e di ciò che circonda i personaggi in maniera concisa e senza perdite di tempo.

Il sistema magico è interessante, ma manca di basi solide: tra la popolazione ignara ci sono persone che hanno un Dono—c’è chi manipola il fuoco, chi convince chiunque a fare qualsiasi cosa con la sola voce (come Kilgrave della Marvel, per intenderci), chi percepisce la magia altrui entro una certa distanza e a seconda della potenza, chi guarisce ferite con pochi gesti; ci sono licantropi e veggenti. Non viene, però, spiegato perché c’è chi nasce con il Dono e chi no, sempre che si nasca con il Dono e non lo si acquisisca in qualche modo. Sullo sfondo sembra esserci anche un sistema gerarchico magico complesso e interessante, in particolare viene introdotto un gruppo di persone di cui però si sa ben poco sia all’inizio del libro che alla fine, e rimane avvolto nel mistero. Purtroppo tutto sembra avvolto nel mistero e lo rimarrà fino alla fine del libro. Anche in questo caso qualche pagina in più avrebbe di certo giovato il worldbuilding.

La prima persona presente non è il mio POV preferito, specialmente in italiano, ma spesso non ci faccio caso se la storia è intrigante—come in questo caso. Però, mi è risultato difficile entrare nella testa dei personaggi e provare le loro emozioni: ha uno stile asciutto, a tratti freddo, che si avvicina molto al flusso di coscienza, con tutti i pensieri del protagonista gettati sulla carta e ogni singolo gesto, anche il più piccolo, descritto con minuzia. Dopo un po’ non ci si fa più caso, ma il limite di empatizzare con i personaggi purtroppo mi è rimasto. Anche i dialoghi mi sono sembrati un po’ deboli, in alcuni punti parecchio colloquiali.

Nick, il protagonista e colui che ha la gran parte del POV (prologo, interludio ed epilogo sono narrati dal punto di vista di Vic), è un cadetto che è rimasto solo, di nuovo, per le vacanze di Natale, abbandonato da un padre sempre in viaggio e in balia del bullo della scuola. È ossessionato dal fare bene in Accademia e seguire le regole per compiacere il genitore, ma finisce sempre nei guai per colpa degli altri (o meglio, di uno in particolare, che prenderei volentieri a calci sui denti). Non sembra avere amici di cui si fida e in realtà diffida di tutti; un po’ si nota nel poco tatto che ha sia nei confronti di Ben, nuovo compagno di stanza, che di Vic—ma dopo essere rimasto da solo con il suo dolore, i sensi di colpa per qualcosa che non capisce di aver fatto nei confronti del padre e l’assenza di amici, è anche normale che non confidi in nessuno—se non nel conforto che gli regala un certo orologio da tasca. È un personaggio dal potenziale incredibile, anche se ho fatto fatica a inquadrarlo: mi sembra che cambi idea da un momento all’altro e con velocità impressionante. Ho adorato, invece, il rapporto che instaura con Ben, l’amico che vorrebbero tutti: scanzonato e divertente, ma pronto a difenderti anche a discapito della sua stessa sicurezza. Anche lui ha un vuoto nella sua vita, proprio come Nick, e si ritrovano nel dolore di un’esperienza traumatica. Dove Nick è freddo, Ben è affettuoso; sono l’uno l’opposto dell’altro e sono perfetti. Ho adorato Ben. Ne voglio uno anche io. Anzi, tutti dovrebbero avere un Ben nella propria vita. E voglio anche una Bethany, la gatta di Mr. Turner (di cui mi sono segretissimamente innamorata).

Vic, invece, è un mistero, di quel tipo che mi piace scartare con lentezza insieme ai protagonisti—anche se ho capito parte del suo segreto già dalla prima scena in bagno. All’inizio della storia sta scappando da due brutti ceffi che vogliono catturarlo per fargli cose indicibili e trova rifugio nell’Accademia, dove incontra Nick e Ben. Sarà difficile per il primo fidarsi di lui, specie perché Vic non solo porta guai che Nick non può permettersi di affrontare, ma perché nasconde molti segreti: primo tra tutti il suo Dono, tra l’altro molto potente, che ha scoperto di avere da poco. Non viene spiegato perché lo abbia, o perché sia così forte. Sappiamo, però, che ha avuto una vita difficilissima, per essere così giovane, ma che ha una forza immensa nell’andare avanti senza mai arrendersi. È stato interessante leggere qualche capitolo dal suo punto di vista, ma avrei voluto saperne di più.

I personaggi secondari sono appena delineati, in particolare Mr. Turner, enigmatico e affascinante insegnante supplente che diventerà molto importante verso la fine, di cui però non capisco né il ruolo né il legame con ciò che succede. Il cattivo della storia ha delle motivazioni più o meno solide, ma mi sembra che le modalità con cui vorrebbe raggiungere i suoi obiettivi siano un po’ deboli (anche qui mancano delle spiegazioni importanti che vengono relegate a pochissime righe). Spero che si scopra di più nei prossimi volumi.

È forse questa la cosa che mi ha delusa di più: il fatto che, specialmente alla fine, vengono introdotti dei personaggi e delle motivazioni che rimangono senza spiegazione e che, immagino, verranno approfonditi successivamente—che non sarebbe un problema se il romanzo non fosse stato definito autoconclusivo. Ma un romanzo autoconclusivo deve essere tale: un cerchio che inizia con la prima pagina e si chiude con l’ultima, senza dubbi né sorprese dell’ultimo momento—cosa che qui, a mio parere, non accade. Alla fine del libro mi sono ritrovata con più domande di quelle che avevo all’inizio. Il finale è molto aperto, cosa che apprezzo spesso e volentieri se è ben scritto, ma si interrompe su un cliffhanger non da poco, con indizi importanti su alcuni personaggi che non vengono elaborati, così come l’introduzione poco delineata di quel gruppo di persone di cui ho parlato all’inizio. Mi ha lasciata con tantissimi dubbi e poche certezze, cosa che mi ha portata a pensare che non fosse un libro autoconclusivo in una serie di altri autoconclusivi, ma il primo di una serie.

A questo proposito, ho avuto modo di parlarne con l’autore, che non solo ha apprezzato la critica (cosa non da tutti), ma ha deciso di rivedere la descrizione del romanzo prima della pubblicazione, affinché altri lettori e lettrici non abbiano la stessa impressione che ho avuto io. Ho apprezzato molto questo suo modo di essere, che dimostra un amore infinito per la scrittura e per imparare a migliorarsi sempre.

Per concludere, credo che Oltre le fiamme sia un libro dal grande potenziale, anche se un po’ acerbo. Affronta temi importanti come il bullismo, insegna a non farsi ingannare dalle apparenze e tutti quei conflitti adolescenziali tipici di un romanzo YA. Filippo stesso è un autore dal grande potenziale, oltre che umile (se avessi parlato di questi problemi con chiunque altro, avrei ricevuto solo insulti, men che meno ringraziamenti e modifiche!), e sono certa che non potrà che migliorare con i prossimi libri. Si vede che ha messo l’anima in questo romanzo d’esordio—dalla grafica della copertina alla correzione di bozze—e questa prima esperienza lo aiuterà di sicuro a migliorare, perché ne ha le capacità. Le mille domande che mi sono rimaste alla fine del libro, a parte la confusione di cui ho parlato, mi fanno venire voglia di leggere i prossimi e non vedo l’ora di vedere come i nostri tre giovani ragazzi cresceranno, insieme alla storia.

Ringrazio l’autore, Filippo Rubulotta, per avermi permesso di leggerlo in anteprima in cambio di una recensione onesta, e Giada Abbiati per avermi proposto la collaborazione.

Qualche curiosità sull’autore

Filippo Rubulotta è un autore italiano e informatico. Avido lettore sin da bambino, adora libri e fumetti che spaziano dal fantasy, all’horror e alla fantascienza. Potete seguirlo su instagram, dove di tanto in tanto racconta chicche interessanti sul periodo Vittoriano, e sul suo sito.

Lo leggerete? Raccontatemelo nei commenti!

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Care lettrici e cari lettori,

Il libro di cui voglio parlarvi oggi, “Oltre le fiamme”, di Filippo Rubulotta, è un fantasy storico YA, ambientato in una Londra di fine Ottocento che promette azione e mistero. Primo di una serie di avventure autoconclusive—ci sarà un appunto in merito verso la fine di questa recensione—esce oggi, 31 luglio, su Amazon, in cartaceo ed ebook (lo trovate qui).

Sapete come impazzisco all’accoppiata fantasy storico + Londra Vittoriana, no? Insomma, per me è l’ambientazione perfetta, perché è già di per sé un periodo misterioso che ben si sposa con la magia. Va da sé che quando sono stata contattata da Giada Abbiati, che mi ha proposto questa collaborazione, sono saltata subito sul treno del CHEBELLOSÌGRAZIEGRAZIEGRAZIE! Ammetto di leggere poco fantasy nostrano, è un mio limite a cui sto cercando di rimediare, ma sono più che felice di aiutare autorə italianə, specialmente se emergenti e gentili come Filippo. E poi ha una copertina meravigliosa, potevo davvero dire di no? Pffff. Sono così debole da fare vergogna. 

Detto questo, si tratta di un romanzo d’esordio e, come tale, ha le sue comprensibili fragilità di cui ho già parlato in privato con l’autore. Questo non vuol dire che non valga la pena leggerlo o che non abbia punti di forza, anzi. Quelle che seguono sono critiche costruttive che non hanno in nessun modo l’intenzione di offendere né lui né il suo lavoro. Del resto, come ho già avuto modo di dirgli, non sono esperta in materia, né ho la pretesa di esserlo (sarò esordiente anche io, un giorno spero non molto lontano, e farò un CASINO di errori), ma sono un’avida lettrice e alleata in questa meravigliosa avventura che è la scrittura, quindi spero che questa recensione possa essergli in qualche modo d’aiuto.

Dalla trama ufficiale:

Londra, 1890. 
Un muro di fuoco illumina la notte della capitale britannica. 
Vic, insieme ai suoi segreti, è in fuga da misteriosi inseguitori dotati di oscuri poteri. Solo la luce delle fiamme e un foglio sgualcito sembrano potergli indicare la via della salvezza. 
Nick, giovane cadetto, si appresta a passare l’ennesimo Natale alla St. John, dove stringe un solido legame con Ben, uno dei pochi compagni rimasti con lui in accademia. L’amicizia, tra dormitori e baruffe, è il collante che li spinge a superare traumi e mancanze. 
Ma quando le loro strade si incroceranno con quella di Vic, dovranno misurarsi con delle scelte che si riveleranno più rischiose di quanto avrebbero mai potuto immaginare. 
Neanche la vita sicura in accademia è esente dalle minacce che tallonano Vic e solo una collaborazione affiatata può salvarli da conseguenze pronte a minacciare le loro giovani vite. 

Oltre le fiamme è un romanzo che si legge in pochi giorni: è davvero breve per essere un fantasy (appena 192 pagine) e purtroppo la narrazione, i personaggi e anche il worldbuilding ne hanno subito le conseguenze. La prima metà è molto lenta e succede poco e niente (a parte l’introduzione dei protagonisti, alcuni avvenimenti di bullismo e la visita al Circo Cooper) e prende una piega interessante solo verso il 40%, quando i tre protagonisti finalmente si incontrano e a qualche domanda viene data risposta. L’ultima parte, al contrario, l’ho trovata frettolosa e più incentrata sulla battaglia che sulle spiegazioni finali. Diciamo che un centinaio di pagine in più avrebbero permesso una narrazione più completa e meglio ritmata—e, soprattutto, chiudere molti aspetti che rimangono senza una spiegazione, ma di questo parlerò più avanti.

Iniziamo dall’ambientazione, che è il motivo principale per cui ho accettato la collaborazione. Come ho già avuto modo di dire in qualche recensione passata, da uno storico mi aspetto coerenza con il periodo, anche se si tratta di un fantasy, e questo aspetto non mi ha affatto delusa. Anche se purtroppo c’è poca Londra e molta Accademia, ci sono parecchi riferimenti a modi di vivere, oggettistica e hobby del tempo che ho davvero apprezzato, segno evidente che l’autore è ben informato sull’epoca. Le descrizioni sono spesso essenziali e senza fronzoli, anche se si soffermano su dettagli che potrebbero essere ininfluenti, e c’è poco show e molto tell, entrambe cose che personalmente non adoro; aiutano, però, il lettore a farsi un’idea del periodo storico e di ciò che circonda i personaggi in maniera concisa e senza perdite di tempo.

Il sistema magico è interessante, ma manca di basi solide: tra la popolazione ignara ci sono persone che hanno un Dono—c’è chi manipola il fuoco, chi convince chiunque a fare qualsiasi cosa con la sola voce (come Kilgrave della Marvel, per intenderci), chi percepisce la magia altrui entro una certa distanza e a seconda della potenza, chi guarisce ferite con pochi gesti; ci sono licantropi e veggenti. Non viene, però, spiegato perché c’è chi nasce con il Dono e chi no, sempre che si nasca con il Dono e non lo si acquisisca in qualche modo. Sullo sfondo sembra esserci anche un sistema gerarchico magico complesso e interessante, in particolare viene introdotto un gruppo di persone di cui però si sa ben poco sia all’inizio del libro che alla fine, e rimane avvolto nel mistero. Purtroppo tutto sembra avvolto nel mistero e lo rimarrà fino alla fine del libro. Anche in questo caso qualche pagina in più avrebbe di certo giovato il worldbuilding.

La prima persona presente non è il mio POV preferito, specialmente in italiano, ma spesso non ci faccio caso se la storia è intrigante—come in questo caso. Però, mi è risultato difficile entrare nella testa dei personaggi e provare le loro emozioni: ha uno stile asciutto, a tratti freddo, che si avvicina molto al flusso di coscienza, con tutti i pensieri del protagonista gettati sulla carta e ogni singolo gesto, anche il più piccolo, descritto con minuzia. Dopo un po’ non ci si fa più caso, ma il limite di empatizzare con i personaggi purtroppo mi è rimasto. Anche i dialoghi mi sono sembrati un po’ deboli, in alcuni punti parecchio colloquiali.

Nick, il protagonista e colui che ha la gran parte del POV (prologo, interludio ed epilogo sono narrati dal punto di vista di Vic), è un cadetto che è rimasto solo, di nuovo, per le vacanze di Natale, abbandonato da un padre sempre in viaggio e in balia del bullo della scuola. È ossessionato dal fare bene in Accademia e seguire le regole per compiacere il genitore, ma finisce sempre nei guai per colpa degli altri (o meglio, di uno in particolare, che prenderei volentieri a calci sui denti). Non sembra avere amici di cui si fida e in realtà diffida di tutti; un po’ si nota nel poco tatto che ha sia nei confronti di Ben, nuovo compagno di stanza, che di Vic—ma dopo essere rimasto da solo con il suo dolore, i sensi di colpa per qualcosa che non capisce di aver fatto nei confronti del padre e l’assenza di amici, è anche normale che non confidi in nessuno—se non nel conforto che gli regala un certo orologio da tasca. È un personaggio dal potenziale incredibile, anche se ho fatto fatica a inquadrarlo: mi sembra che cambi idea da un momento all’altro e con velocità impressionante. Ho adorato, invece, il rapporto che instaura con Ben, l’amico che vorrebbero tutti: scanzonato e divertente, ma pronto a difenderti anche a discapito della sua stessa sicurezza. Anche lui ha un vuoto nella sua vita, proprio come Nick, e si ritrovano nel dolore di un’esperienza traumatica. Dove Nick è freddo, Ben è affettuoso; sono l’uno l’opposto dell’altro e sono perfetti. Ho adorato Ben. Ne voglio uno anche io. Anzi, tutti dovrebbero avere un Ben nella propria vita. E voglio anche una Bethany, la gatta di Mr. Turner (di cui mi sono segretissimamente innamorata).

Vic, invece, è un mistero, di quel tipo che mi piace scartare con lentezza insieme ai protagonisti—anche se ho capito parte del suo segreto già dalla prima scena in bagno. All’inizio della storia sta scappando da due brutti ceffi che vogliono catturarlo per fargli cose indicibili e trova rifugio nell’Accademia, dove incontra Nick e Ben. Sarà difficile per il primo fidarsi di lui, specie perché Vic non solo porta guai che Nick non può permettersi di affrontare, ma perché nasconde molti segreti: primo tra tutti il suo Dono, tra l’altro molto potente, che ha scoperto di avere da poco. Non viene spiegato perché lo abbia, o perché sia così forte. Sappiamo, però, che ha avuto una vita difficilissima, per essere così giovane, ma che ha una forza immensa nell’andare avanti senza mai arrendersi. È stato interessante leggere qualche capitolo dal suo punto di vista, ma avrei voluto saperne di più.

I personaggi secondari sono appena delineati, in particolare Mr. Turner, enigmatico e affascinante insegnante supplente che diventerà molto importante verso la fine, di cui però non capisco né il ruolo né il legame con ciò che succede. Il cattivo della storia ha delle motivazioni più o meno solide, ma mi sembra che le modalità con cui vorrebbe raggiungere i suoi obiettivi siano un po’ deboli (anche qui mancano delle spiegazioni importanti che vengono relegate a pochissime righe). Spero che si scopra di più nei prossimi volumi.

È forse questa la cosa che mi ha delusa di più: il fatto che, specialmente alla fine, vengono introdotti dei personaggi e delle motivazioni che rimangono senza spiegazione e che, immagino, verranno approfonditi successivamente—che non sarebbe un problema se il romanzo non fosse stato definito autoconclusivo. Ma un romanzo autoconclusivo deve essere tale: un cerchio che inizia con la prima pagina e si chiude con l’ultima, senza dubbi né sorprese dell’ultimo momento—cosa che qui, a mio parere, non accade. Alla fine del libro mi sono ritrovata con più domande di quelle che avevo all’inizio. Il finale è molto aperto, cosa che apprezzo spesso e volentieri se è ben scritto, ma si interrompe su un cliffhanger non da poco, con indizi importanti su alcuni personaggi che non vengono elaborati, così come l’introduzione poco delineata di quel gruppo di persone di cui ho parlato all’inizio. Mi ha lasciata con tantissimi dubbi e poche certezze, cosa che mi ha portata a pensare che non fosse un libro autoconclusivo in una serie di altri autoconclusivi, ma il primo di una serie.

A questo proposito, ho avuto modo di parlarne con l’autore, che non solo ha apprezzato la critica (cosa non da tutti), ma ha deciso di rivedere la descrizione del romanzo prima della pubblicazione, affinché altri lettori e lettrici non abbiano la stessa impressione che ho avuto io. Ho apprezzato molto questo suo modo di essere, che dimostra un amore infinito per la scrittura e per imparare a migliorarsi sempre.

Per concludere, credo che Oltre le fiamme sia un libro dal grande potenziale, anche se un po’ acerbo. Affronta temi importanti come il bullismo, insegna a non farsi ingannare dalle apparenze e tutti quei conflitti adolescenziali tipici di un romanzo YA. Filippo stesso è un autore dal grande potenziale, oltre che umile (se avessi parlato di questi problemi con chiunque altro, avrei ricevuto solo insulti, men che meno ringraziamenti e modifiche!), e sono certa che non potrà che migliorare con i prossimi libri. Si vede che ha messo l’anima in questo romanzo d’esordio—dalla grafica della copertina alla correzione di bozze—e questa prima esperienza lo aiuterà di sicuro a migliorare, perché ne ha le capacità. Le mille domande che mi sono rimaste alla fine del libro, a parte la confusione di cui ho parlato, mi fanno venire voglia di leggere i prossimi e non vedo l’ora di vedere come i nostri tre giovani ragazzi cresceranno, insieme alla storia.

Ringrazio l’autore, Filippo Rubulotta, per avermi permesso di leggerlo in anteprima in cambio di una recensione onesta, e Giada Abbiati per avermi proposto la collaborazione.

Qualche curiosità sull’autore

Filippo Rubulotta è un autore italiano e informatico. Avido lettore sin da bambino, adora libri e fumetti che spaziano dal fantasy, all’horror e alla fantascienza. Potete seguirlo su instagram, dove di tanto in tanto racconta chicche interessanti sul periodo Vittoriano, e sul suo sito.

Lo leggerete? Raccontatemelo nei commenti!

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